Il terremoto di Casamicciola 2017 ha sorpreso un po' tutti per la magnitudo irrisoria rispetto al danno che ha causato.
Anche gli esperti, nelle prime interviste, sono rimasti interdetti, soprattutto nel paragone con altre situazioni recenti. Si pensi per esempio ai 4 terremoti del 18 gennaio 2017, tutti con grado superiore a 5 ed avvenuti in un contesto meteorologico che ha costretto le persone all'interno delle case: nessuna vittima diretta e nessun crollo catastrofico.
Che un grado 4 possa fare vittime e danni estesi è quindi singolare ed inspiegabile?
Singolare si, inspiegabile no. Vediamo perché.
Bisogna partire dal presupposto scientifico che la magnitudo non è una misura del potere distruttivo di un terremoto. Essendo una grandezza legata all'energia sprigionata dall'evento, vi è senza dubbio una correlazione col danno atteso, ma quest'ultimo è legato in modo certo a due parametri molto diversi dalla magnitudo, che sono la qualità edilizia e l'accelerazione sismica.
Sulla qualità edilizia è stato detto e scritto di tutto. Aggiungo solo che ai toni scandalistici andrebbe comunque associata una riflessione sul fatto che il patrimonio italiano storico è fragile per definizione, per cui non ci si può meravigliare più di tanto se un terremoto impatta sempre in modo disastroso.
L'accelerazione sismica dipende invece da una serie di fattori, principalmente legati alla geologia e alla topografia del terreno. E' questo un aspetto ben noto dell'ingegneria sismica, che quindi non dovrebbe stupire più di tanto, almeno alla luce delle conoscenze scientifiche attuali. In forti terremoti del recente passato si è assistito tra l'altro a scenari distruttivi molto diversi per uno stesso evento e a parità di distanza dall'epicentro: è ciò che in gergo scientifico viene chiamata "amplificazione sismica locale".
E' evidente quindi che i crolli di Ischia sono spiegabili dalla infausta concomitanza di questi due aspetti. In primo luogo una qualità edilizia scadente e priva di condizioni minime di sicurezza sismica.
In secondo luogo una fortissima amplificazione locale nelle zone maggiormente colpite dovuta alla particolare geologia e alla particolare conformazione topografica.
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- DISCLAIMER: IL CONTENUTO DI QUESTO POST E' UNA RIFLESSIONE SU TEMI INERENTI L'INGEGNERIA E L'ARCHITETTURA. NON E' PERTANTO ASSIMILABILE AD UN ARTICOLO SCIENTIFICO NE' CONTIENE DISQUISIZIONI ESAUSTIVE SUGLI ARGOMENTI TRATTATI. L'AUTORE NON E' QUINDI RESPONSABILE DELL'UTILIZZO DEI CONTENUTI TRATTATI E DELLE RELATIVE CONCLUSIONI.-
martedì 22 agosto 2017
lunedì 20 marzo 2017
Terremoto: è necessario ancorare gli armadi ai muri. Ma non troppo
Si dice che il presidio più semplice, economico e sempre consigliato per ridurre il rischio sismico all'interno degli edifici sia quello di ancorare grossi armadi e mobili al muro dove sono appoggiati, in modo da evitare che, ribaltandosi, investano le persone.
Intuitivamente non ci sarebbe nulla da eccepire, se non il fatto che tale accortezza si regge sull'ipotesi che il muro offra solidità in caso di sisma. Ipotesi che purtroppo si rivela infondata.
Ci capita di osservare edifici colpiti da forti terremoti in cui i muri, soprattutto se tramezzi sottili, offrono molta meno resistenza al ribaltamento degli armadi che gli stanno affiancati, come nell'esempio della foto in basso:
In questi casi quindi agganciare l'armadio al muro sperando che questi lo sostenga in caso di forte scuotimento non è una buona idea: "reggimi che ti reggo", secondo un famoso detto.
Un collegamento rigido inoltre, andrà a concentrare tutta l'energia proprio sul collegamento stesso, col rischio di rivelarsi sottodimensionato.
Ma quindi cosa è meglio fare?
Semplice: realizzare un collegamento dissipativo, evitando cioè di rendere solidale l'armadio col muro (come farebbe una comune staffa rigida ad L) ma nel contempo impedire il movimento del mobilio oltre il limite del ribaltamento.
Un collegamento dissipativo può essere banalmente realizzato con due occhielli stoppati rispettivamente al muro e all'armadio e con un giro di filo di ferro, come nella foto seguente:
Il filo deve essere lento e realizzato con una sola passata.
In questo modo l'armadio è libero di muoversi per piccoli spostamenti senza costituire una pericolosa massa sismica sul muro. Quando invece lo scuotimento è forte, l'energia sismica viene indirizzata tutta sul piccolo filo di ferro, per sua natura duttile, che tenderà ad allungarsi dissipando l'energia stessa e mitigando il pericolo di ribaltamento.
La soluzione è forse carente dal punto di vista estetico, ma economica e di gran lunga più efficace del classico ancoraggio con staffe ad L.
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Intuitivamente non ci sarebbe nulla da eccepire, se non il fatto che tale accortezza si regge sull'ipotesi che il muro offra solidità in caso di sisma. Ipotesi che purtroppo si rivela infondata.
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In questi casi quindi agganciare l'armadio al muro sperando che questi lo sostenga in caso di forte scuotimento non è una buona idea: "reggimi che ti reggo", secondo un famoso detto.
Un collegamento rigido inoltre, andrà a concentrare tutta l'energia proprio sul collegamento stesso, col rischio di rivelarsi sottodimensionato.
Ma quindi cosa è meglio fare?
Semplice: realizzare un collegamento dissipativo, evitando cioè di rendere solidale l'armadio col muro (come farebbe una comune staffa rigida ad L) ma nel contempo impedire il movimento del mobilio oltre il limite del ribaltamento.
Un collegamento dissipativo può essere banalmente realizzato con due occhielli stoppati rispettivamente al muro e all'armadio e con un giro di filo di ferro, come nella foto seguente:
Il filo deve essere lento e realizzato con una sola passata.
In questo modo l'armadio è libero di muoversi per piccoli spostamenti senza costituire una pericolosa massa sismica sul muro. Quando invece lo scuotimento è forte, l'energia sismica viene indirizzata tutta sul piccolo filo di ferro, per sua natura duttile, che tenderà ad allungarsi dissipando l'energia stessa e mitigando il pericolo di ribaltamento.
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